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Cambia la legge sull’aborto: non è uguale in tutte le regioni, ma nelle Marche siamo messi male

Nelle Marche, interrompere una gravidanza dopo la settima settimana si rivela un’impresa quasi impossibile.

Le donne sono costrette a diventare viaggiatrici involontarie, in cerca di una struttura che accetti di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).

Le leggi sull’aborto nelle Marche sono discutibili – Giustiziabrescia.it

Questa realtà fa emergere un panorama preoccupante: il diritto all’autodeterminazione femminile viene ostacolato da barriere non solo burocratiche ma anche ideologiche.

Una battaglia legislativa incompiuta

La situazione nelle Marche è emblematica della difficoltà nel garantire l’accesso alle cure per l’Ivg. Nonostante le sollecitazioni politiche, come quelle del gruppo del Pd guidato da Manuela Bora, la risposta dell’amministrazione regionale lascia trasparire una certa reticenza nel modificare protocolli obsoleti e nell’adeguarsi alle linee guida nazionali. Questo atteggiamento alimenta un clima di incertezza e disuguaglianza tra le donne della regione.

C’é un clima di incertezza e disuguaglianza tra le donne – Giustiziabrescia.it

L’influenza dei partiti di ultra destra e dei movimenti antiabortisti sembra avere un impatto diretto sulle politiche sanitarie regionali riguardanti l’Ivg. L’esempio delle Marche dimostra come decisioni politiche possano limitare drasticamente l’accessibilità ai servizi per la salute riproduttiva delle donne, costringendole a cercare soluzioni alternative spesso onerose sia dal punto di vista economico che emotivo.

Il ruolo dei consultori familiari nelle Marche evidenzia ulteriormente le discrepanze nell’accesso all’Ivg. Con meno della metà dei consultori in grado di rilasciare certificazioni per l’interruzione volontaria di gravidanza e con sedi dove il personale obiettore raggiunge il 100%, emerge chiaramente una contraddizione con quanto previsto dalla legge 194 sull’obiezione di coscienza nei consultori.

Di fronte a questa situazione critica, emerge forte l’appello alla cittadinanza marchigiana affinché si faccia portavoce della necessità di garantire i diritti sessuali e riproduttivi delle donne. È essenziale che ogni componente della società civile, indipendentemente dall’orientamento politico o dalle convinzioni religiose, riconosca nella questione dell’Ivg non solo un tema sanitario, ma anche un fondamentale diritto umano.

Mentre la battaglia per i diritti riproduttivi continua nelle Marche e in altre regioni italiane, resta evidente la necessità urgente di superare gli ostacoli legislativi, culturali ed etici che ancora oggi impediscono alle donne di esercitare pienamente il loro diritto all’autodeterminazione.

Federico Chiarenza

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